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copertina 9791221801064 Quando gli operai volevano studiare il clavicembalo
10 maggio 2023  |  Epidemiologia&Prevenzione  |  Redazione

Cinquant’anni dalla nascita delle 150 ore (1973-2023)

La mattina del 3 aprile 1973, i principali giornali aprivano a tutta pagina con la notizia che nella notte si erano concluse le trattative per il contratto dei metalmeccanici privati con la firma sull’intesa. La lunga vertenza, contrassegnata da numerosi scioperi e manifestazioni e da lunghe e snervanti discussioni tra sindacato e Federmeccanica (l’associazione degli industriali privati aderente alla Confindustria), aveva raggiunto una serie di risultati che sarebbero diventati storici per i lavoratori italiani.
La Federazione dei lavoratori metalmeccanici (FLM) aveva condotto unitariamente la lotta per il contratto avendo ben chiari gli obiettivi da perseguire, non limitati alle tradizionali rivendicazioni salariali o di orario di lavoro, ma estese all’inquadramento della manodopera e ai diritti dei lavoratori, sanciti dalla legge 300 del 1970, lo Statuto dei lavoratori. Tra questi ultimi, spiccava per originalità e innovazione il diritto allo studio, definito come monte ore retribuito a disposizione dell’insieme dei lavoratori di ogni azienda, da spendere con distacchi di 150 ore pro-capite fino a esaurimento di tale monte-ore. Si trattava di colmare il baratro esistente nella formazione riconosciuta della maggioranza dei lavoratori e lavoratrici di queste fabbriche che, coinvolti in massa dagli sviluppi economici del Paese nel ventennio precedente, provenivano perlopiù dalla campagna, privi di istruzione, destinati alle fabbriche taylor-fordizzate del settore metalmeccanico soprattutto del cosiddetto triangolo industriale. Quindi, le 150 ore erano pensate per l’acquisizione dei titoli minimi della scuola dell’obbligo e, talvolta, anche per l’acquisizione dei primi rudimenti della lingua per uscire da sacche di analfabetismo non rare nelle fabbriche di quegli anni. Centinaia di migliaia di lavoratori ebbero così l’occasione di uscire da una condizione irredimibile di assoluta subalternità sociale, attraverso una conquista contrattuale che, nel giro di pochi anni, si estese anche ad altre categorie (tessili della FULTA, chimici della FULC eccetera).
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