È proprio questa la tesi di Gabriele De Giorgi che, nel suo ultimo libro Gli architetti della metamorfosi, Aracne 2022, ne traccia un percorso dal Barocco al contemporaneo. La metamorfosi in architettura scrive Gabriele resta ancora un capitolo poco studiato” e sostiene che bisogna indagare sulle analogie rintracciabili nel tempo lungo, fin da quanto esplode proprio qui a Roma nel Seicento. Non è un libro storico, ma un taccuino di appunti densi e coinvolgenti: la traccia di un programma che può anche ampliarsi all’esotico e al periodo arcaico, ma che qui resta ancorato all’incipit del comporre berniniano, della complessità di Borromini, della ridondanza di Piero da Cortona, del decorativismo del Zimbalo, per riproporsi poi all’interno delle più importanti tendenze del Novecento. Gabriele fa una breve ricognizione del Liberty, nelle varianti viennesi e catalane; sfiora il Déco, s’immerge nell’Espressionismo, nelle avanguardie futuriste e surrealiste, nel Costruttivismo sovietico. Ma s’interroga anche sulla naturalezza dell’architettura organica di Wright e di Aalto per giungere alla Seconda Avanguardia degli anni Sessanta, quella che ha coinvolto la nostra generazione. Questa sezione del libro si conclude con un confronto sorprendente tra le tesi di laurea dei componenti del Gruppo Metamorph − seguite da Bruno Zevi, Paolo Portoghesi e Renato Severino − e la loro rivisitazione elaborata di recente in digitale da un gruppo di laureandi coordinato da Piero Albisinni e Laura De Carlo della Sapienza Università di Roma.Un ponte temporale di circa cinquant’anni che introduce il capitolo conclusivo dedicato a quella che lo stesso de Giorgi ha chiamato La terza avanguardia (1998) per concludersi con l’Architettura-paesaggio. [...]