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Annali di studi religiosi

From Mistery to Mastery, and Back Again: Reframing Technological Procreation Through Awe
DOI:  10.53136/979122182156719
Pages: 353-370
Publication date: October 2025
Publisher: Aracne
SSD:  M-DEA/01
The rapid advancement of technologies such as in vitro fertilization (IVF) and surrogacy, along with the increasing capacity of technologies like ultrasound to “scan” the fetus, and most recently, the rise of biotechnologies for genome sequencing and editing, has progressively mediated and filtered the awe traditionally associated with natural procreation. The ability to foresee and manipulate what was once a source of impatient and tense apprehension — the moment of conception — has indeed significantly reshaped our reproductive narratives, identities, and perceptions. Since we have moved from a womb that conceals and protects to an increasingly transparent and threatening one, debates have emerged on whether this technological mediation has diminished the sacred aspects of reproduction, both in its traditional meaning of being worthy of respect and ceremonial reverence(1), and in the Agambenian sense of being separated and, therefore, unavailable (Lembcke 2023). This contribution aims to initiate a discussion that places awe at the center of the debate on reproductive, particularly genetic, biotechnologies. By positioning awe as a bridge between the theological and technological dimensions of procreation — and thereby necessitating a reformulation of the dichotomy between scientific and religious views of nature — it becomes possible to envision an ethical paradigm that emphasizes openness and connectedness, as well as the formation of the self as a responsible procreative agent.

Il rapido sviluppo di tecnologie come la fecondazione in vitro (IVF) e la maternità surrogata, insieme alla crescente capacità di strumenti come l’ecografia di “scansionare” il feto, e, più recentemente, allo sviluppo delle biotecnologie per il sequenziamento e l’editing genomico, hanno progressivamente mediato e filtrato il senso di meraviglia tradizionalmente associato alla procreazione naturale. La possibilità non solo di prevedere, ma anche di intervenire su ciò che un tempo costituiva una fonte di impazienza e apprensione — il momento del concepimento — ha infatti significativamente ridefinito le nostre narrazioni, identità e percezioni riproduttive. La transizione da un utero che celava e proteggeva a uno sempre più trasparente, percepibile, in alcuni casi, anche come minaccioso, ha sollevato interrogativi circa la perdita degli aspetti più sacri della riproduzione, intesi sia nel significato tradizionale di rispetto e venerazione cerimoniale (v. nota 1), sia, in senso agambeniano, come separazione e indisponibilità (Lembcke 2023).Questo contributo si propone di avviare una riflessione che ponga il senso di meraviglia al centro del dibattito sulle biotecnologie riproduttive, in particolare genetiche. Assumere la meraviglia come ponte tra la dimensione teologica e quella tecnologica della procreazione — richiedendo una riformulazione della dicotomia tra visioni scientifiche e religiose della natura — consente di delineare un paradigma etico fondato sull’apertura, sulla connessione e sulla formazione del sé come agente procreativo responsabile.
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